mercoledì 28 marzo 2012

Il tempo che vorrei

Chissà qual è quella strana equazione per la quale più aumentano gli anni sulle nostre spalle più aumenta la velocità con cui il tempo scorre. Rimane spesso l'amaro in bocca per quel qualcosa di non vissuto, per quel tempo che non ci è bastato, per quell'ora in più che avremmo tanto desiderato. Vengono alla mente i ricordi dell'infanzia, di quelle giornate così infinitamente lunghe, lunghe da pensare che ci sia qualcuno che al risveglio prema il tasto slow motion sulla nostra vita. A quell'età si ha il tempo per
giocare, il tempo per ridere, il tempo per dormire, il tempo per conoscere, il tempo per fantasticare e resta ancora molto altro tempo. Poi arrivano i vent'anni e la vita comincia a correre, non per nostro volere ma soprattutto non per nostro piacere. Il telecomando della nostra esistenza sembra inceppato sul tasto FFWD (Fast Forward) e non c'è modo di sbloccarlo. Anzi, più si va avanti e più la velocità aumenta, più aumentano gli anni più la percezione del tempo che non ci da tregua è accentuata. Le ore di una giornata saranno pur sempre ventiquattro, i nostri impegni lievitati all'inverosimile.
Il tempo diventa una sorta di scatola stretta all'interno della quale cerchiamo di infilarci quello sconfinato numero di appuntamenti, occasioni, eventi e incontri ai quali pensiamo di non potervi rinunciare. Ben presto ci troviamo a combattere con questo contenitore indeformabile mentre tutto il resto sembra espandersi sempre più. Proviamo a saltare su questo bagaglio del nostro viaggio per tenerci dentro tutto ma riusciamo solo a sbriciolare piano piano il nostro equilibrio fisico e psicologico. Ad ogni tentativo vediamo saltar fuori aspirazioni, desideri, giovinezza, salute, conoscenza e tutto ciò che ai nostri occhi sembra irrinunciabile.
E, invece, quella scatola dovrebbe essere leggera, ordinata, dovrebbe contenere ciò che per noi è davvero importante. Dovremmo usare il tempo come fanno i bambini quando giocano, senza percepirlo.
Dovremmo procedergli affiancati, né precederlo né inseguirlo.
Vari studi hanno certificato che la parola tempo è la più usata al mondo. Ci appelliamo al tempo ogni qual volta non riusciamo a portare a termine qualcosa, ogni volta che siamo in ritardo, ogni volta che aspettiamo qualcosa o qualcuno. Siamo incalliti bestemmiatori del tempo. Dovremmo smetterla di nominarlo continuamente invano. E soprattutto dovremmo cominciare a viverlo, dandoci delle priorità, costruendo il nostro tempo con i pezzi che più ci piacciono. Siamo noi gli autori del puzzle della nostra vita e non il tempo. Siamo noi che possiamo scegliere. Siamo noi a dare un senso a questo blocco freddo, inerme e senza anima. Siamo noi che, come abili scultori, dobbiamo pazientemente puntellare, levigare, scalfire, smussare gli spigoli del nostro vivere. Il tempo dobbiamo lasciare che faccia la sua parte. Dobbiamo lasciare che scivoli leggero sulla vita e avvolga lentamente il passato con un velo impercettibile. E ogni volta che il vento lo accarezzerà facendolo ondeggiare dolcemente ci ritroveremo a rivivere immagini di lontani attimi di gioia e serenità, e non di corse vane e anime sbattute qua e là. Questo è il tempo che vorrei.

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